Che cos'è il sonno?
ll sonno è un fenomeno complesso, implicato in molte funzioni neurologiche e di controllo vegetativo dell’organismo. E’ un processo attivo modulato da un sistema di connessioni neuronali presenti a vari livelli dell’encefalo.
Svolge certamente funzioni di tipo restorativo, ma ha anche un ruolo cruciale nello sviluppo, nell’elaborazione e nel mantenimento di molti aspetti delle funzioni motorie, psichiche e cognitive. La sua rilevanza è confermata dal fatto che in tutte le specie animali, con caratteri diversi, un periodo quotidiano di sonno appare indispensabile per la vita stessa, plasmandosi sulle necessità più basilari di ogni animale: superficiale e breve nelle prede, come ad esempio i topi; profondo e prolungato nei predatori, come i felini.
Gli stadi del Sonno
Il sonno normale avviene attraverso una successione ciclica di due differenti stati: il sonno quieto o non-REM ed il sonno attivo o REM.
Il sonno non-REM è a sua volta costituito da 4 stadi, i primi due (stadi 1 e 2) definiti di “sonno leggero” e gli ultimi due (stadi 3 e 4) di “sonno profondo”. Il sonno REM (Rapid Eye Movement), durante il quale avvengono i sogni, prende il nome dai movimenti oculari rapidi tipici di questo stadio, maggiormente rappresentato nella seconda parte della notte e normalmente associato ad un completo rilassamento muscolare.
Il sonno profondo è ristorativo e caratterizzato da incremento delle sintesi delle proteine delle cellule neuronali, quello REM è caratterizzato da un aumento del metabolismo energetico neuronale.
COme si modifica il sonno con l'avanzare dell'età?
Il sonno diminuisce fisiologicamente con l’età e nell’età senile appare meno stabile, associandosi allo stesso tempo ad una maggiore predisposizione alla sonnolenza diurna.
Nella popolazione generale i disturbi del sonno sono molto comuni: ad esempio l’insonnia può verificarsi nel corso di un anno nel 30% circa della popolazione e disturbi respiratori tipici del sonno sono documentati nel 10% circa delle persone. I disturbi del sonno, incluso anche il problema della sonnolenza diurna che ne consegue, hanno importanti ripercussioni sul piano clinico e sociale: basti pensare al ruolo svolto dalla sonnolenza nell’infortunistica stradale e lavorativa oppure all’impatto della apnee ostruttive notturne nella patogenesi dell’ipertensione e degli incidenti vascolari cardiaci e cerebrali.
Alterazioni del sonno in pazienti con Malattia di Parkinson
Nei pazienti affetti da malattia di Parkinson il sonno ha caratteristiche particolari rispetto alla popolazione generale. Spesso appare precocemente alterato perché alcuni dei centri nervosi che lo modulano sono tra i primi interessati dalla patologia degenerativa. Anche i farmaci antiparkinsoniani interagiscono con le medesime strutture e sono quindi potenzialmente in grado di modificare il ciclo sonno-veglia, talora con effetti favorevoli, talora sfavorevoli sulla regolare ciclicità del sonno.
Nei soggetti parkinsoniani il sonno risulta in particolare più frammentato ed instabile, con maggiori difficoltà di addormentamento e di mantenimento degli stadi più profondi e con tendenza ad un risveglio anticipato.
Alcuni studi hanno evidenziato che, a fronte di una riduzione quantitativa dei movimenti in veglia, nel sonno i pazienti tendono a muoversi circa il doppio della popolazione di confronto, a conferma della minore stabilità del sonno stesso. In realtà la sensazione di disagio e la difficoltà di assumere una posizione confortevole, direttamente conseguenti ai sintomi motori della malattia, sembrano costituire il più importante ostacolo nella fase di addormentamento e nel mantenimento del sonno.
Già nella prima descrizione della malattia del 1817 James Parkinson scriveva: “nei pazienti è possibile osservare durante il sonno il tremore che può aumentare fino a risvegliarli”.
Si stima che la percentuale di pazienti parkinsoniani che soffrono di disturbi del sonno sia molto elevata e compresa globalmente tra 60 e 90%, anche se la consapevolezza e la conseguente presa in carico di tali disturbi risulta essere nettamente inferiore.
Le difficoltà e l’instabilità del sonno sono espressione intrinseca della patologia neurodegenerativa, ma anche conseguenza di alcuni fattori almeno in parte modificabili, come l’esaurimento dell’effetto dei farmaci, la comparsa di crampi, tremore e distonie dolorose, l’incremento della frequenza della minzione nella notte (nicturia), la maggiore tendenza a sviluppare sintomi confusionali ed allucinatori nelle ore notturne.
L’insonnia notturna è a sua volta responsabile di condizioni di maggiore stanchezza, sonnolenza e facile affaticabilità nelle ore diurne, con difficoltà di concentrazione e di memoria, irritabilità, ansia e talora depressione dell’umore.
I disturbi del sonno più frequenti nei malati di Parkinson
Nei pazienti parkinsoniani si osserva anche una maggiore prevalenza di alcuni disturbi primari del sonno, comprendenti le apnee ostruttive nel sonno (OSA), il disturbo comportamentale della fase REM del sonno (RBD) e la sindrome delle gambe senza riposo (RLS).
La sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS)
Dovuta al collabimento delle alte vie aeree durante il sonno profondo con conseguente severo russamento e con fasi di sospensione del respiro della durata di molti secondi, è una causa frequente di eccessiva sonnolenza diurna. La sonnolenza dipende dalla grave frammentazione del sonno con microrisvegli ogni 20-40 secondi e conseguente impossibilità a raggiungere gli stadi profondi del sonno. Viene meno il ruolo ristorativo del sonno senza che il paziente ne avverta una soggettiva deprivazione quantitativa. La apnee ostruttive nel sonno costituiscono un problema clinico di particolare rilevanza essendo alla base di severe conseguenze sia immediate (alterazione del sonno e sonnolenza diurna; riduzione delle performance fisiche e mentali; incremento del rischio di incidenti; astenia, cefalea, depressione, ansia, irritabilità), sia a lungo termine (obesità, ipertensione, cardiopatia, incremento del rischio di infarto ed ictus). La prevenzione ed il trattamento della apnee ostruttive nel sonno può essere ottenuta nei casi più lievi con strategie comportamentali (calo ponderale, posizione nel sonno, modificazione delle abitudini alimentari serali), mentre nei casi più severi è necessario utilizzare un supporto ventilatorio notturno con respiratori a pressione positiva che evitano l’ostruzione delle alte vie aeree.
Il disturbo comportamentale in sonno REM (RBD)
E' caratterizzato dalla ricorrenza di un’attività motoria e verbale durante la fase REM del sonno. Si verifica per una disfunzione di particolari strutture del Sistema Nervoso Centrale, che fa si che il tono dei muscoli non sia inibito e il paziente interagisca con le azioni e con le emozioni del sogno, pur continuando sostanzialmente a dormire, magari risvegliandosi solo per le conseguenze traumatiche dei propri atti. Il paziente può parlare, urlare, scalciare, lottare vigorosamente e talora colpire il compagno di letto, oppure urtare con forza i muri e gli oggetti circostanti o cadere dal letto. Gli episodi di RBD generalmente si verificano nell’ultima parte della notte, quando il sonno REM è maggiormente rappresentato. E’ stato osservato che questo disturbo può precedere di anni la comparsa di alcune malattie neurodegenerative, inclusa la malattia di Parkinson, costituendo quindi un fattore predittivo rilevante, anche se non specifico. Il trattamento con bassi dosaggi di clonazepam è generalmente efficace nel limitare le manifestazione della RBD.
La sindrome delle gambe senza riposo
E' caratterizzata dalla comparsa nella fase di addormentamento di sensazione intensa di fastidio degli arti inferiori con necessità irresistibile di muoverli e sfregarli, costringendo il paziente ad alzarsi ripetutamente dal letto. Spesso si associa al mioclono notturno (movimenti periodici degli arti), che consiste nella comparsa periodica, con intervalli di 15-40 secondi di movimenti ripetitivi e scuotenti degli arti inferiori, in genere non avvertiti dal soggetto ma responsabili di alleggerimento dello stato di sonno. La sindrome delle gambe senza riposo ed il mioclono notturno possono essere trattate con soddisfacenti risultati con farmaci dopamino-agonisti e benzodiazepine (clonazepam).
Valutazione dei disturbi del sonno nei pazienti parkinsoniani
Per ottenere una valutazione il più possibile obiettiva dei disturbi del sonno nei pazienti parkinsoniani ci si avvale di alcuni metodi strumentali o di questionari.
Nei casi più complessi il paziente può essere studiato, presso centri specialistici di Medicina del Sonno, con metodiche polisonnografiche, che prevedono la contemporanea registrazione dell’elettroencefalogramma, dei movimenti oculari, della attività muscolare e di un video del paziente, con conseguente generazione di un ipnogramma, che illustra la successione e le caratteristiche degli stadi del sonno e degli eventuali periodi di veglia durante la notte. La valutazione della vigilanza durante il giorno, mirata ad identificare situazioni di eccessiva sonnolenza diurna, può essere ottenuta con questionari, test di attenzione e tecniche elettrofisiologiche.
La cura dei disturbi del sonno
I disturbi del sonno possono essere gestiti sul piano terapeutico con misure non farmacologiche o farmacologiche. Il primo approccio alla cura dell’insonnia deve sempre prevedere alcune semplici strategie di igiene del sonno quali quelle elencate alla pagina Disturbi notturni nella malattia di Parkinson.
La terapia farmacologica dell’insonnia invece, può basarsi sull’impiego di farmaci ipnoinducenti, preferibilmente a breve emivita e per un periodo limitato di tempo, nei casi in cui l’insonnia sia espressione di una condizione d’ansia e prevalgano le difficoltà di addormentamento.Quando è presente depressione dell’umore e l’insonnia si caratterizza per il tipico risveglio centrale o precoce, occorre associare un trattamento con farmaci antidepressivi. Se l’insonnia è dovuta ad un’esacerbazione notturna dei sintomi parkinsoniani la levodopa a rilascio controllato o un dopaminoagonista ad effetto prolungato, possono avere un effetto favorevole sul sonno. Quando sono presenti sintomi di significato psicotico, come le allucinazioni o i deliri notturni, è opportuna una revisione della terapia antiparkinsoniana, con la riduzione o la sospensione dei farmaci che possono avere un effetto favorente tali sintomi, e, quando ciò non è sufficiente, l’introduzione di farmaci neurolettici atipici. Anche nei casi di eccessiva sonnolenza diurna non chiaramente correlata con insonnia può rendersi necessario un ridimensionamento della dose dei farmaci dopaminergici, in primo luogo i dopaminoagonisti.
Trattamento farmacologico dei disturbi del sonno nella malattia di Parkinson
Si rimanda al proprio neurologo per l'eventuale prescrizione della terapia farmacologica.
- FRAMMENTAZIONE DEL SONNO
1. Farmaci antidepressivi nel caso di depressione del tono dell’umore
2. Dopaminoagonisti serali (o clonazepam) nel caso di mioclono notturno
3. Levodopa serale a rilascio prolungato nel caso di rigidità muscolare, distonie dolorose o tremore ad esacerbazione notturna
4. Clonazepam nel caso di disturbo comportamentale del sonno REM
5. Farmaci urologici per ridurre la frequenza delle minzioni notturne - DIFFICOLTA’ DI ADDORMENTAMENTO
1. Farmaci ipnoinducenti, a breve emivita e per periodi limitati
2. Tentativo riduzione della dose serale di levodopa
3. Dopaminoagonisti serali (o clonazepam) nel caso di sindrome delle gambe senza riposo - ALLUCINAZIONI NOTTURNE O STATI DI CONFUSIONE CON DELIRI
1. Riduzione o sospensione di farmaci dopaminoagonisti, dell’amantadina ed eventuamente degli inibitori degli enzimi MAO e COMT
2. Tentativo riduzione della dose serale di levodopa
3. Neurolettici atipici (con limitato effetto antidopaminergico)
Articolo a cura del Dott. A. Marchet - Dirigente Medico Ospedaliero di Neurologia Ospedale Martini
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