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Le risposte degli esperti | Convegno 2023

I relatori hanno risposto alle domande dei nostri associati durante il convegno organizzato in occasione della giornata mondiale del Parkinson 13 aprile 2023...

Risposte degli esperti alle domande dei nostri associati

Indice delle domande:

1. Come curano il Parkinson in Cina?
2. L’assunzione serale di sette gocce di Minias può avere controindicazioni a lungo termine? 
3. Ho visto la pubblicità di un nuovo prodotto che potrebbe essere utile per chi soffre di Parkinson. Si chiama Taopatch ed è una nanotecnologia. Potrei avere maggiori informazioni?
4. Come gestire gli episodi di discinesia?
5. Come funziona la DBS? Quali sono i pro e i contro?
6. Vorrei avere alcune informazioni statistiche sulla DBS alle Molinette: n° di operazioni, quante andate bene e quante male, quali difficoltà...
7. Approfondimento sulla cannabis liquida o in pastiglia.
8. Levodopa e Selegilina (Sinemet e Jumex) si possono prendere nello stesso momento?
9. Racconto di un'esperienza
10. E' giusto porsi obiettivi minimi raggiungibili?
11. Strategie per concedersi qualche proteina animale anche durante la giornata senza subire troppe conseguenze?
12. Che cos’è la Sindrome di Pisa e cosa si può fare per migliorare questa grave alterazione posturale?
13. Quali esami fare per una diagnosi precoce?
14. Sono già fruibili le cavigliere di cui ha parlato il Dott. Borzì nel suo intervento?
15. Come contrastare i movimenti involontari del viso che rendono difficile la comprensione del linguaggio?
16. Salivazione eccessiva, quali rimedi?
17. Cosa si intende per parkinsonismo da farmaci?
18. Il Parkinson può essere stato causato dal vaccino anti-COVID?
19. Conviene fare i test genetici ai figli di un malato di Parkinson?
20. I pazienti che assumono farmaci anti-diabetici sviluppano la malattia mediamente 6 anni dopo, rispetto alle persone che non assumono questi medicinali. Si potrebbe avere qualche informazione aggiuntiva?
21. Difficoltà e complicanze del percorso terapeutico del malato di Parkinson

 Come curano il Parkinson in Cina?

In Cina risulta che attualmente il Parkinson sia curato esattamente come nel resto del mondo. Non si hanno notizie se ci siano pratiche particolari sul Parkinson relative alla medicina tradizionale cinese, che segue regole e principi ben diversi da quelle riconosciute dal metodo scientifico.

 L’assunzione serale di sette gocce di Minias può avere controindicazioni a lungo termine?

In linea di massima no. Sette gocce è un dosaggio peraltro non particolarmente alto. Tuttavia, le benzodiazepine andrebbero assunte per un periodo di tempo limitato se possibile. Inoltre, è importante fare attenzione che non diano eccessiva sonnolenza e soprattutto fare attenzione al rischio di cadute se ci si alza la notte.

Ho visto la pubblicità di un nuovo prodotto che potrebbe essere utile per chi soffre di Parkinson. Si chiama Taopatch ed è una nanotecnologia. Potrei avere maggiori informazioni?

Taopatch potrebbe essere definito come un ‘cerotto tecnologico’ che emette fotoni. E’ un dispositivo sicuro, approvato dal ministero e funziona stimolando i tessuti (anche muscolari) sotto il punto di applicazione dando quindi informazioni sensitive al cervello. Questo tipo di stimolazione ‘dovrebbe’ (qui il condizionale è d’obbligo) favorire il movimento e il bilanciamento del corpo se applicato in punti adeguati al problema del paziente. Non risultano studi specifici su persone con il Parkinson e, inoltre, non c’è al momento una standardizzazione di quanti cerotti andrebbero indossati e in quali punti del corpo per dare un beneficio. Pertanto, si tratta di una tecnologia interessante e apparentemente sicura ma ancora priva di evidenze di efficacia clinica nel Parkinson.

Come gestire gli episodi di discinesia?
 

Le discinesie sono movimenti involontari che compaiono nelle fasi intermedie e avanzate di malattia di Parkinson in conseguenza all’assunzione della terapia farmacologica. Quindi, il primo metodo per gestire le discinesie è quello di rivedere la dose e la distribuzione della terapia dopaminergica durante la giornata con il proprio neurologo di riferimento. Esiste poi un farmaco, l’amantadina, che ha un modesto effetto anti-discinetico, ovvero che se aggiunto in terapia può aiutare a ridurre un po’ la frequenza e l’intensità degli episodi di discinesia.

Come funziona la DBS? Quali sono i pro e i contro?
 

La stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation - DBS) è una tecnica di neuromodulazione elettrica che rappresenta un’efficace opzione terapeutica per la malattia di Parkinson (MP) in fase avanzata.
Si tratta di una tecnica di neurochirurgia funzionale che consiste nella stimolazione elettrica ad alta frequenza mediante elettrodi posizionati permanentemente a livello di specifiche strutture nervose sottocorticali. Gli elettrodi vengono connessi ad un generatore di impulsi, collocato sottocute in torace o in addome (similmente a un pacemaker cardiaco), in grado di erogare tale stimolazione con intensità, durata e frequenza regolabili.    
La selezione dei pazienti idonei per il trattamento con DBS è il primo e fondamentale passo per il successo dell’intervento. Una selezione non corretta può influire sui risultati dell’intervento e aumentare il rischio di complicanze operatorie. Bisogna tenere conto che solo una piccola parte di persone con MP è idoneo all’intervento. L’intervento consiste nel posizionamento bilaterale dell’elettrodo stimolante tramite procedure di neurochirurgia stereotassica; viene solitamente eseguito in anestesia locale per poter eseguire il monitoraggio intra-operatorio. I principali studi di follow-up riportano risultati positivi nel miglioramento delle scale cliniche che valutano i sintomi motori, le attività di vita quotidiana e le complicanze motorie. Il punteggio delle attività di vita quotidiana migliora in media del 50% a 5 anni ed i sintomi motori mostrano un miglioramento che può anche superare il 50%.

Vorrei avere alcune informazioni statistiche sulla DBS alle Molinette: n° di operazioni, quante andate bene e quante male, quali difficoltà...
 

Presso l’Ospedale Molinette gli interventi di DBS vengono effettuati dal 1998, uno dei primi centri in Italia a trattare il Parkinson con tale approccio. Da allora ad oggi oltre 300 interventi sono stati effettuati solo per la malattia di Parkinson con un tasso di efficacia molto elevato. E’ impossibile dire con precisione il numero di interventi perfettamente riusciti in quanto la soddisfazione del paziente dopo l’intervento dipende da tantissimi fattori. Di fatto, dal punto di vista tecnico possiamo dire che l’intervento in sé è riuscito senza complicanze nel 99% dei casi. La gestione neurologica post-operatoria è un processo che richiede alcuni mesi; la maggior parte delle persone è contenta e col senno di poi rifarebbe la scelta dell’intervento. In media si riduce la quantità di terapia dopaminergica del 50% nel primo anno dall’intervento e si riducono i momenti di Off così come la frequenza e la gravità delle discinesie.

Approfondimento sulla cannabis liquida o in pastiglia.
 

L’uso della cannabis non è raccomandato nelle persone affette da malattia di Parkinson. I benefici attesi (non chiari e al limite possibili su tremore e discinesie) sono controbilanciati da effetti collaterali che in persone con Parkinson possono essere anche importanti.

Si hanno notizie rispetto a quali potrebbero essere le cause scatenanti la malattia di Parkinson?
 

Si ritiene oggi che la malattia di Parkinson sia una malattia ad origine multifattoriale, ovvero legata a diversi fattori che possono contribuire insieme a dare una vulnerabilità dei neuroni. Quindi diversi fattori, alcuni noti e alcuni ancora non noti, possono contribuire in diversa misura ad aumentare il rischio di sviluppare la malattia nel corso della vita. Tra i più noti fattori di rischio abbiamo alcune mutazioni genetiche, come discusso durante il congresso, e alcuni fattori ambientali tra cui alcuni pesticidi tra tutti, ma anche l’inquinamento dell’aria.

Levodopa e Selegilina (Sinemet e Jumex) si possono prendere nello stesso momento?

Si, non ci sono controindicazioni ad assumerli insieme.
 

Racconto di un'esperienza:

A mio papà di 77 anni, un paio di anni fa è stata diagnosticata la Malattia di Parkinson e da allora ha iniziato la terapia con Sinemet, prima gradualmente poi man mano ha aumentato la dose. Purtroppo nel suo caso la terapia non porta beneficio e nei due anni il suo peggioramento è stato importante. Abbiamo notato che aumentando il dosaggio (adesso è arrivato ad assumere mezza compressa per 4 volte al giorno) oltre ad avere sempre difficoltà nei movimenti e nel camminare (soprattutto trova difficoltà nella partenza) gli succede, soprattutto di notte, di avere allucinazioni ed agitazione. Inoltre ha sonnolenza durante tutto il giorno e durante il pranzo molto spesso non riesce a rimanere sveglio e lucido fino alla fine, probabilmente per eccessivo calo di pressione (è anche in cura per pressione alta e aritmia).
E' chiaro che non è possibile formulare diagnosi senza visitare la persona e avere tutti gli elementi a disposizione. Tuttavia, è importante considerare che la diagnosi di malattia di Parkinson è una diagnosi clinica e che deve essere confermata nell’arco del tempo anche in base all’andamento clinico e soprattutto alla risposta alla terapia. Dalla sua descrizione è possibile che suo padre abbia una forma di parkinsonismo atipico oppure un malattia di Parkinson di sottotipo ‘maligno’, con rapida comparsa di disturbi cognitivi, sintomi non motori e risposta alla terapia subottimale. Sarà il suo neurologo a valutare questi aspetti e discuterne implicazioni terapeutiche e di gestione.

E’ giusto porsi obiettivi minimi raggiungibili? Ad esempio se ho problemi ad allacciarmi le scarpe, prendo i mocassini, se ho problemi ad abbottonarmi la camicia, prendo una maglia, se ho problemi a schiacciare la frizione o il freno, prendo un cambio automatico.

Si, importantissimo. Ci sono due componenti: 1) scegliere le comodità: certamente si se le comodità sono per la sicurezza e per la qualità di vita; 2) non rinunciare a fare quello che si riesce a fare: la differenza la fa il tempo, cioè se ho bisogno di più tempo per fare una cosa ma ci riesco, la faccio. Se quella cosa mi mette in difficoltà, rischio di cadere, magari sono solo, trovo le strategie. Il concetto è: strategie e sicurezza.

Strategie per concedersi qualche proteina animale anche durante la giornata senza subire troppe conseguenze? Ho letto un libro che dice che un musicista giapponese riesce a creare qualcosa dal punto di vista musicale che migliora il movimento. Siete in grado di dare qualche spiegazione e delucidazione?

E’ vero che un pasto ricco di proteine, ma soprattutto di grassi, può rallentare l’assorbimento della Levodopa, solo di questa non di altri farmaci, però c’è una grossa variabilità individuale. Per cui ci sono alcuni pazienti che sono molto sensibili e se mangiano proteine a pranzo sentono che si bloccano nel primo pomeriggio. Ci sono, invece, altri pazienti che hanno più trasportatori nell’intestino e non percepiscono questa difficoltà. Quindi non c’è una regola tassativa. Il consiglio è quello di fare dei piccoli pasti frequenti, mangiare la frutta a metà mattina e a metà pomeriggio perché così non rallenta lo svuotamento gastrico a fine pasto. Invece, privilegiare primo e verdura a pranzo e il secondo a cena. Ma questa regola non deve essere rigida, nel senso se si percepisce una riduzione dell’efficacia anche mangiando una piccola porzione di proteine, è inutile che ci si metta un paletto in più o delle limitazioni in più.
Per quanto riguarda il musicista giapponese, è probabile che i giapponesi abbiano delle caratteristiche culturali ed emotive molto diverse dalle nostre, però sicuramente la musica, come molti stimoli emotivi e come il canto, il ballo, sono una risorsa per i nostri circuiti infinita.

Che cos’è la Sindrome di Pisa e cosa si può fare per migliorare questa grave alterazione posturale?

La Sindrome di Pisa è un’alterazione della postura che consiste in una flessione anomala e in genere laterale del tronco, che compare tipicamente quando ci si mette seduti o in piedi durante il cammino, e che però di base ha la sua caratteristica di scomparire quando la persona sta sdraiata sul letto. E’ un’alterazione della postura e come tale può avere un impatto importante sulla motricità, ma anche sull’equilibrio e soprattutto è associata spesso a dolori alla schiena, dati appunto da una postura tenuta in modo errato. E’ tipica del Parkinson e di altri parkinsonismi quindi compare con una certa frequenza nella malattia di Parkinson e attualmente non ha una terapia, non c’è un farmaco che si può dare, come la Levodopa, per migliorare la postura.
Il primo consiglio per il trattamento è affidarsi ad una fisioterapia, ad una neuroriabilitazione adeguata, ma soprattutto specifica, relativa al Parkinson. Alcune cose che sono state rilevate, non solo dal gruppo di Torino, ma anche da altri gruppi di ricerca che stanno lavorando a questo: la prima è che ci sono alcuni casi che possono trarre beneficio dalla stimolazione cerebrale profonda (DBS), soprattutto a livello di problemi di postura, se il soggetto è idoneo per il trattamento della malattia di Parkinson con la DBS, può esserci anche una chance di miglioramento sull’alterazione della postura, come quella causata dalla sindrome di Pisa; in altri casi, invece, si sono osservati dei benefici con la somministrazione di tossina botulinica, cioè un farmaco che si usa sia per la spasticità, che per il trattamento delle distonie, e che riduce la forza dei muscoli. In questo caso, l'intervento riequilibra alcuni muscoli assiali della colonna o addominali, associandolo alla fisioterapia, si riesce talvolta ad avere dei risultati buoni.

Quali esami fare per una diagnosi precoce?

Per quelle che sono le possibilità terapeutiche attuali, la diagnosi attualmente più affidabile rimane quella clinica: l’interpretazione dei segni clinici, anche subdoli, anche quelli non motori che riguardano il sonno, la funzione olfattiva, che vanno messi in un algoritmo, che il neurologo deve costruirsi mentalmente, insieme ai segni clinici. La diagnosi precoce a tutt’oggi è questa, in futuro molto probabilmente, la diagnosi precoce sarà quella genetica o con strumenti di valutazione di neuroimmagine molto raffinati, che però al giorno d’oggi non sono ancora così raffinati da darci la diagnosi definitiva indipendentemente da quello che sono le indicazioni cliniche.

Sono già fruibili le cavigliere di cui ha parlato il Dott. Borzì nel suo intervento?

Attualmente no, sono in fase di sperimentazione. Il gruppo di lavoro sta assemblando il sistema, che è già concreto, il programma c’è già, bisogna sperimentarlo sui pazienti e verrà fatto in collaborazione con l’Ospedale di Siena, quello di Torino e l’Associazione Parkinson, perché servirà avere un numero considerevole di pazienti per poter provare che il sistema funziona. Dopodiché verranno rimpiccioliti i dispositivi, perché al momento potrebbero risultare fastidiosi se tenuti 12 ore al giorno, tutti i giorni. Attualmente, però, esiste un dispositivo per il monitoraggio delle condizioni motorie durante la vita quotidiana, che, però, non dà un feedback: è la raccolta di holter che il paziente può tenere per una settimana, in questo momento si stanno raccogliendo i dati da un numero considerevole di pazienti. Quelle informazioni saranno utili anche per allenare il programma per la stimolazione del freezing. Seguiranno aggiornamenti futuri.

Come contrastare i movimenti involontari del viso che rendono difficile la comprensione del linguaggio?

Il disturbo del linguaggio non è così strettamente dipendente dalle discinesie facciali, o anche dette distonie facciali. E’ chiaro che il disturbo del linguaggio è uno di quei sintomi parkinsoniani per i quali la risposta al farmaco non è prevedibile, quindi va inquadrato intanto se è sempre presente, se è presente in fase OFF ma scompare in fase ON, e allora in questo caso si modula la terapia; se quello facciale è un fenomeno distonico ovviamente si può utilizzare la tossina botulinica ma non è detto che questo incida sul linguaggio.

Salivazione eccessiva, quali rimedi?

La salivazione eccessiva innanzitutto non è un aumento di produzione di saliva, ma è la riduzione degli atti deglutitori, che è una conseguenza del rallentamento dei vari movimenti. Una possibilità molto poco invasiva, che però non tutti accettano, è quella di mettere in bocca una caramellina senza zucchero e quindi stimolare un aumento degli atti deglutitori. Altrimenti, il trattamento può essere fatto con delle piccole iniezioni di tossina botulinica nelle ghiandole salivari. E’ un trattamento poco invasivo, ma l’efficacia è temporanea. A volte però uno o due trattamenti possono portare miglioramenti anche a distanza di mesi.
C’è anche la possibilità di utilizzare il collirio (quello che si mette negli occhi) contenente Atropina. E’ documentato in letteratura, ci sono già una serie di pazienti che lo utilizzano: una goccia 2 volte al giorno da tenere in bocca, per non deglutire.
Nei casi gravi anche mezza fiala di Buscopan sottocute funziona molto bene per la salivazione eccessiva molto grave.

Cosa si intende per parkinsonismo da farmaci?

Il parkinsonismo da farmaci comprende un’ampia categoria di parkinsonismi, in realtà dovremmo distinguere almeno due o addirittura tre tipi. Sono delle sindromi parkinsoniane con acinesia, bradicinesia, rallentamento e povertà di movimento, a volte anche rigidità e disturbo della marcia e tremori. Si vede già clinicamente che non rispettano i criteri clinici per la malattia di Parkinson, manca ad esempio la lateralizzazione, e sono causati da una serie di farmaci. I più tipici sono i farmaci antidopaminergici che vengono usati in psichiatria ma che vengono usati ad esempio anche per nausea, o problemi digestivi, dispepsie di varia origine. Attenzione anche ad alcuni calcioantagonisti utilizzati per la profilassi dell’emicrania o addirittura come antiaritmici (es. Cinnarizina). Alcuni farmaci che erano nati come antiepilettici, che però vengono usati per altre cose, ad esempio come stabilizzatori dell’umore, nel trattamento di anomalie comportamentali nell’anziano (es. Valproato). Tutti questi danno un parkinsonismo che può essere transitorio, ma da esperienza personale e dati di letteratura, il transitorio può durare anche anni, io ho un caso che dura da 11 anni. Quindi, sospendo il farmaco ma prima che torni tutto come prima ci vuole tempo. E può essere ingannevole anche la diagnostica, cioè dare dei falsi positivi, ad esempio la diagnostica con il neuroimaging funzionale.

Il Parkinson può essere stato causato dal vaccino anti-COVID? Dopo la prima dose del vaccino anti-COVID della Pfizer, mio marito ha sviluppato i primi sintomi, potrebbe essere stata quella la causa?

Il vaccino da COVID in teoria non può essere la causa di sintomi parkinsoniani. Certo è che non c'è stata una modifica dell’incidenza della malattia di Parkinson in rapporto cronologico con l’utilizzo dei vaccini anti-COVID.
Se il Parkinson fosse effettivamente provocato dal vaccino anti-COVID probabilmente ce l’avremmo già tutti, tranne i no-vax. 

Conviene fare i test genetici ai figli di un malato di Parkinson?

La risposta è un po’ articolata, di base sarebbe no, almeno in questo momento, nel senso che, a meno che non ci siano delle caratteristiche specifiche nella malattia come un’importante familiarità, secondo anche le linee guida di pratica clinica non è raccomandato e non è neanche prescrivibile in ambito clinico il test, a persone che non hanno avuto sintomi. Oltretutto, al momento non ci sono ancora dei farmaci che possono andare a bloccare la malattia o rallentarla prima che compaia. Quindi, sapere di avere una mutazione, che è un fattore di rischio, non darebbe comunque delle risposte. A livello di ricerca è un altro discorso.
Ma se si vuole sapere il rischio che il figlio può avere quando farà a sua volta dei figli?
Le mutazioni per il Parkinson, a differenza di quelle di altre malattie, sono più da considerare, come dei fattori di rischio, che si aggiungono a quelli dell’ambiente e ad altre cose che ancora non conosciamo. Quindi, in realtà non c’è, per la stragrande maggioranza di queste mutazioni, una diretta probabilità che, ad esempio il 50% dei figli sviluppi la malattia se il genitore ha quella mutazione, ma è magari solo una suscettibilità che dopo i 50 anni abbia un rischio leggermente più alto rispetto alla popolazione generale. Questo non è un incentivo al momento per far fare uno screen a tutti i familiari.
Il messaggio è che solo in alcune forme molto rare, dove siamo sicuri che la malattia ha una precisa trasmissione, nel senso che tutte le generazioni sono o possono essere coinvolte, potrebbe aver senso se una persona vuole saperlo, prima di fare dei figli.

I pazienti che assumono farmaci anti-diabetici sviluppano la malattia mediamente 6 anni dopo, rispetto alle persone che non assumono questi medicinali. Si potrebbe avere qualche informazione aggiuntiva?

Ci sono dei dati sperimentali che dicono che, come già per l’Alzheimer, la resistenza all’insulina, cioè l’insulina che fa fatica ad entrare nelle cellule, potrebbe essere uno dei fattori implicati nella neurodegenerazione, tanto che ci sono alcuni farmaci che si utilizzano per il diabete che cominciano ad essere sperimentati. Quindi è un territorio nuovissimo, che riguarda la neurodegenerazione in generale e che accomuna per certi aspetti Parkinson e Alzheimer.
Negli ultimi giorni ci sono state delle sparate giornalistiche che pubblicizzavano il fatto che la Metformina potrà in un futuro avere un utilizzo non solo nei diabetici, ma anche nei parkinsoniani come farmaco neuroprotettivo. Ad oggi però non è assolutamente un uso raccomandato, dal momento che tutti i neurologi hanno pazienti parkinsoniani che prendono la metformina e che non hanno cambiato la loro storia clinica riguardo la malattia di Parkinson. E' un meccanismo ipotetico, interessantissimo, questa correlazione tra resistenza all’insulina e infiammazione, un'altra storia è l’utilizzo pratico di un farmaco, che al momento è ancora un uso assolutamente sperimentale e non ci sono ancora dati scientifici.

Difficoltà e complicanze del percorso terapeutico del malato di Parkinson

Si parla del malato di Parkinson come paziente complesso e dell’ambulatorio Parkinson come attività difficile dal punto di vista medico, perché gli specialisti non si parlano? Perché i problemi e le complicanze continuano ad essere trattati per nicchie? Ad es. quella neurologica, quella gastroenterologica, quella urologica, quella fisiatrica, quella della scienza alimentare, quella neuropsichiatrica. Lasciando al paziente la mission impossible di un coordinamento che gli richiederebbe di star bene per star male, il che è offensivo. A grave discapito della sua condizione clinica generale come pre-requisito indefettibile per il successo di qualunque terapia in un contesto patologico, cronico, ingravescente e di lungo periodo in caso di esordio precoce.

I neurologi comprendono bene e vivono quotidianamente le complicanze del percorso terapeutico, le vivono dalla parte del paziente perché queste difficoltà descritte sono reali. Il coordinamento della rete è ancora in gran parte inefficiente ed è esattamente il motivo per cui ci si sta lavorando in tavoli di programmazione, ma purtroppo non sarà semplicissimo, perché i modelli organizzativi sanitari sono complicati, un po’ farraginosi anche nello smuovere. Importante, però, non avere la percezione che i medici siano la controparte, ma pensare invece che sono totalmente dalla parte di un modello sanitario che possa prendersi cura integralmente del paziente e cercare di farlo star bene in assoluto, perché è ovvio che alla fine di tutto l’obiettivo è la qualità di vita e il benessere della persona. Il termine stesso PSDTA è per mettere in evidenza come questi siano percorsi di Salute per le persone. L’aggiunta di questa S è proprio mirata a cogliere in qualche modo questo tipo di esigenze. Non sarà un percorso facile, proprio per tutti i motivi che sono già stati descritti, anche durante l’intervento della Tavola Rotonda, però faremo il possibile per arrivare a migliorare questo tipo di percorso.

 

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