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DIVENTARE CAREGIVER

A cura della dott.ssa Silvia Balla e della dott.ssa Roberta Grasso, psicologhe psicoterapeute.

Spesso si diventa caregiver per caso e necessità, per “designazione” familiare oppure perché volontariamente ci si assume l’impegno di assistere il familiare. Ci si trova così a prestare cure, senza avere un’informazione esauriente sulleproblematiche di cui soffre la persona assistita, sulle cure necessarie e sui criteridi accesso alle prestazioni sociali e sanitarie.
Di fronte ad una stessa situazione è possibile reagire in modidiversi. Non esistono modalità giuste e modalità sbagliate. La modalità secondola quale ciascun caregiver si confronta con la situazione dipende da diversi fattori: le abituali strategie per affrontare i problemi, l’atteggiamento verso ilmondo pessimista/ottimista/realista, la relazione con il paziente e la quantità delleinformazioni ricevute sulla malattia.ADATTARSI A MOLTI

CAMBIAMENTI

Convivere con la malattia è un tema complesso. Il Parkinson è una presenza quotidiana. La malattia chiede di adattarsi ad una serie di cambiamenti, invita a cercare un nuovo modo di vivere, a cambiare visione sulle cose, a modificare il proprio atteggiamento e comportamento.
Le malattie croniche hanno un impatto emotivo forte, anche sul familiare. Le difficoltà invadono, in ogni momento, tutte le dimensioni della vita e coinvolgono l’intera famiglia. La presenza di una malattia cronica contribuisce a creare nuovi assetti familiari: l’assistenza può espandersi in maniera predominante al punto da occupare completamente l’intera relazione tra i familiari e divenire una fonte costante di stress. Molte volte il caregiver si trova solo nel cercare di risolvere i nuovi problemi imposti dalla malattia del congiunto e deve far fronte a non trascurabili problemi di vario ordine.


La famiglia si trova a conoscere la malattia e la sua evoluzione, diventando consapevole dei cambiamenti che questa comporta nella vita quotidiana. Il caregiver si trova a dover imparare, talvolta, comportamenti “nuovi” nei confronti della persona malata e non è sempre facile.
I familiari che si prendono cura di una persona affetta da malattia invalidante si trovano a dover fare i conti con un nuovo ruolo, una nuova “carriera”, che non si sono scelti e che certo non si prospettavano di dover intraprendere nel corso della loro vita; in particolar modo, se l’esordio della patologia avviene quando la persona è ancora in attività. I familiari si trovano ad assumere un ruolo di attiva responsabilizzazione nella presa in carico del paziente, assumendo funzioni di supporto e di cura. L’assistenza ad una persona affetta da malattia cronica è un impegno continuo, 24 ore su 24.


È comune, tra i caregiver, sentirsi soli, isolati visto che è necessario prestare assistenza al malato “sempre”. La gravosità del carico assistenziale può far sviluppare sensi di colpa, frustrazione, impotenza e stanchezza; a volte può generare atteggiamenti di aggressività verso la persona malata. Le energie di chi assiste vengono logorate dall’assistenza stessa, dagli investimenti emotivi e fisici richiesti, nonché dalle implicazioni sociali e morali insite in tale attività.


Ma, come si vedrà più avanti, la prospettiva da cui si osserva la realtà influisce sul modo in cui viene vissuta: di fronte ad una malattia cronica, una situazione per la quale si sa fin all’inizio che, pur esistendo valide cure, non potrà esserci una completa guarigione, non è funzionale per il familiaree per il malato pensare in termini di perdita (“non sono più in grado di…”), per potervi far fronte in modo efficacie è importante riuscire a cambiare prospettiva.


FASI DI ELABORAZIONE DELLA MALATTIA

Per comprendere le dinamiche psicologiche più frequentemente riconoscibili nelle persone a cui viene diagnosticata una malattia organica, in letteratura solitamente si fa riferimento ad un modello a cinque fasi (Elisabeth Kübler-Ross, 1970). Queste fasi, presenti parallelamente nel malato e nei familiari, possono alternarsi, presentarsi più volte nel corso del tempo, con diversa intensità e senza un preciso ordine.

Fase della negazione o del rifiuto: di fronte ad una diagnosi di malattia la prima cosa che solitamente si prova è lo shock; si attivano meccanismi di difesa che accompagnano nel confrontarsi con una realtà che non si era preparati ad affrontare, per proteggere da un’eccessiva ansia e per prendersi il tempo necessario per organizzarsi; questo spesso porta a consultare medici diversi, nella speranza che scoprano un errore nella diagnosi.


Fase della rabbia: nel momento in cui le procedure mediche impongono la realtà, inizia la reazione e possono manifestarsi emozioni forti, quali rabbia e paura, che possono rivolgersi in tutte le direzioni, investendo i familiari, il personale ospedaliero, la fede. È una fase molto delicata, poichè rappresenta un momento critico che può essere sia il momento di massima richiesta di aiuto, ma anche il momento del rifiuto, della chiusura e del ritiro in sé.


Fase della contrattazione: successivamente inizia la fase dell’elaborazione, ovvero si inizia a rendersi conto che la malattia esiste e si smette di negarla; è la presenza delle medicine, unitamente all’evidenza dei sintomi, che costringe a vederla e da inizio ad una fase durante la quale si cerca di dare un significato a ciò che èsuccesso, si riflette sul passato, sui progetti mai realizzati e ci si interroga sul futuro, immaginando una progettualità coniugata ad un nuovo stile di vita. In questa fase, la persona riprende il controllo della propria vita e cerca di mettere in atto il fattibile.


Fase della depressione: rappresenta un momento nel quale la persona inizia a prendere consapevolezza delle perdite che sta subendo o che sta per subire e di solito si manifesta quando la malattia progredisce. La presa di coscienza dei cambiamenti avvenuti non permette più di negare la propria condizione di salute; si prende coscienza che la ribellione non è possibile, per cui la negazione e la rabbia vengono sostituite da un forte senso di sconfitta.


Fase dell’accettazione: quando la persona ha avuto modo di elaborare quanto accaduto, ha accettato la sua situazione e ha consapevolezza di quanto potrà accadere, può giungere all’ultima fase, quella del ri-orientamento. Una condizione che permette di trovare i modi per convivere al meglio con la malattia, di affrontare e superare le difficoltà, raggiungendo via via un nuovo equilibrio.

 

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